Repubblica Italiana

In nome del Popolo Italiano

Il Tribunale di Milano

in persona del giudice del lavoro dott. Paolo Negri della Torre ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 683 del Ruolo Generale 2000

promossa da

B.G., V.R., R.I., L.G., G.A., T.A. e V.F., con l'avv. Michele Picerno

contro

S.F.S. s.p.a., con l'avv. G.M.

Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato il 31 gennaio 2000, i lavoratori in epigrafe indicati, dipendenti della S. s.p.a., deducendo violazione degli artt. 1372, 1388, 2070 e 2077 c.c., chiedevano che venisse accertata e dichiarata l'inef5cacia del contratto aziendale stipulato il 5/7/99, con il quale era stata concordata la "migrazione" dal c.c.n.l. terziario a quello degli istituti di vigilanza privata, con la conseguente declaratoria di vigenza del primo. Chiedevano altresì che venisse accertato e dichiarato come solo il c.c.n.l. terziario fosse rispettoso del dettato di cui all'art. 36 Cost.; chiedevano infine venisse accertata e dichiarata la salvezza dei diritti quesiti in forza dei contratti individuali di lavoro.

Si costituiva la S. s.p.a. chiedendo il rigetto.

All'udienza odierna la causa veniva discussa e decisa.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

La S. s.p.a., con lettera del 16/6/98, ha comunicato alle organizzazioni dei lavoratori formale disdetta di tutti gli accordi sindacali vigenti e, in particolare, del c.c.n.l. terziario, distribuzione e servizi, nonché del contratto integrativo aziendale 26/2/90, contestualmente invitando le stesse organizzazioni a concordare le modalità di passaggio alla disciplina collettiva per i dipendenti dagli istituti di vigilanza privata (doc. 3 conv.ta).

A seguito di tale disdetta il c.c.n.l. terziario e scaduto il 31/12/98.

Si rileva, in primo luogo, che la possibilità di disdettare un contratto collettivo è sempre stata pacificamente ammessa dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

Anche la possibilità di recedere unilateralmente da un contratto collettivo, pur a lungo oggetto di controversia, è stata ormai ammessa dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 16 aprile 1993, n. 4507).

In data 5/7/99 è stato, quindi, sottoscritto dalla S. s.p.a. e dalle organizzazioni sindacali Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil, con la partecipazione delle rappresentanze sindacali delle filiali e delle succursali, l'accordo di "migrazione" dal c.c.n.l. terziario a quello per i dipendenti da istituti di vigilanza privata, contratto del quale e stata stabilita l'integrale applicazione a tutti i dipendenti S., sia nella parte normativa che economica, a decorrere dall'1/1/99; oltre ad un accordo aziendale, di secondo livello, sostitutivo di ogni e qualsiasi accordo territoriale, provinciale o regionale, in essere nel settore della vigilanza, e contenente, all'art. 4, specifiche clausole per il personale assunto in epoca anteriore al 31/12/98 (inquadramento come da speciale tabella allegata; conservazione dei superminimi già attribuiti, come pure degli importi di retribuzione "congelata"; conservazione degli scatti di anzianità maturati).

Con riferimento all'accordo 5/7/99 si osserva quanto segue.

Secondo un più recente orientamento giurisprudenziale, al quale si aderisce, per il contratto collettivo di diritto comune, che e disciplinato dal diritto privato, vige il principio della c.d. "autodefinizione della categoria professionale", in forza del quale spetta unicamente alle organizzazioni stipulanti definire il campo di applicazione del contratto collettivo, senza possibilista alcuna, in base al principio di libertà (artt. 18, 39 e 41 Cost.), né di sindacato del giudice, né di imposizione eteronoma, non avendo più l'art. 2070 c.c. natura pubblicistica.

Deve altresì ritenersi che l'accordo in esame vincoli tutti i dipendenti della S., in4pendentemente dalla loro iscrizione ai sindacati che l'hanno sottoscritto.

L'accordo è stato, infatti, stipulato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (le stesse che avevano sottoscritto il contratto scaduto), con la partecipazione delle rappresentanze sindacali di tutte le filiali o succursali della S..

E, d'altra parte, è spesso sottolineato dalla giurisprudenza, in tema di ef6cacia erga omnes del contratto aziendale, come gli interessi collettivi aziendali dei lavoratori costituiscano un dato di realtà sostanzialmente unitario e indivisibile (cfr., fra le altre, Cass. 2 maggio 1990, n. 3607).

Si rileva poi come il richiamo all'art. 2077 c.c. sia del tutto inconferente.

Costituisce invero orientamento consolidato quello, secondo il quale - nel caso di successione di una ad altra disciplina collettiva - si realizza l'immediata sostituzione delle nuove clausole a quelle precedenti, ancorché la nuova disciplina sia meno favorevole ai lavoratori. Il divieto di deroga in peius posto dall'art. 2077 c.c. riguarda, infatti, esclusivamente il contratto individuale in relazione a quello collettivo. Peraltro, con riguardo ai rapporti fra questi due contratti, va considerato che le disposizioni del contratto collettivo non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, dando luogo a diritti quesiti sottratti al potere dispositivo dei sindacati, ma operano invece dall'esterno sui singoli rapporti di lavoro come fonte individuale, sicché nell'ipotesi di successione tra contratti collettivi le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole per il lavoratore (cfr., fra le altre, Cass.18 dicembre 1998, n. 12716; negli stessi termini, di recente, Trib. Milano 9 febbraio 2000).

Quanto infine all'assunto, per il quale soltanto il c.c.n.l. terziario sarebbe rispettoso dell'art. 36 Cost., si rileva, in primo luogo, che tale norma non offre parametri determinati per individuare quale sia, o debba ritenersi, una retribuzione "proporzionata" e "sufficiente".

Tali parametri sono forniti - secondo la comune opinione – dalla contrattazione collettiva.

I ricorrenti, peraltro, non hanno spiegato in alcun modo per quale motivo il c.c.n.l. per i dipendenti dagli istituti di vigilanza privata si sottrarrebbe a tale presunzione, limitandosi, sul punto, ad un'allegazione del tutto generica.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese.

P. Q.M.

respinge il ricorso; spese compensate.

Milano, 18 luglio 2000

Il Giudice del lavoro
Paolo Negri della Torre